Ricerca storica e testo di Marco Atzeni, con la gentile collaborazione del dr. Gabriele Andria Princivalle. (Hanno contribuito anche F. Pulina, A. Sirigu e P. Soggia).
Quando le polverose strade erano percorse dai carri, all’esatto incrocio tra viale Italia e viale Mancini ci si imbatteva in un'elegante villa liberty. A farla costruire, per lui e la sua famiglia, fu Francesco Princivalle, un distinto signore col pizzetto nato a Sassari nel 1861. Il maestoso immobile fu la prima abitazione di tutta la zona e ciò non fu un caso: le campagne sulle quali sorse quel nuovo quartiere che iniziava dietro i giardini pubblici appartennero al cavalier Porcellana, nonno materno di Princivalle, ed ai primi del ‘900, dopo estenuanti trattative col Comune, vennero rese zona edificabile. Francesco ne ereditò un lotto e intorno al 1918 nacque così quella dimora. Curiosamente, signor Francesco non avrebbe neppure dovuto possedere il terreno su cui costruì l'immobile: nel dicembre del 1896 si era infatti riunito coi propri fratelli ed aveva loro dichiarato di non essere interessato a quell'area, preferendo altri beni arrivatigli dal nonno. La situazione cambiò pochi anni dopo, quando quelle campagne sperdute diventarono improvvisamente preziose. Francesco fu così "compensato" dai fratelli che gliene cedettero una parte, poiché quando lui vi rinunziò non poteva certo sapere che sarebbero poi state rese edificabili; inoltre, signor Francesco era anche l'unico della famiglia ad essere rimasto a vivere a Sassari.
Francesco Princivalle si era laureato in giurisprudenza nel 1885 e sebbene lo chiamassero “avvocato” esercitò solo brevemente la professione legale. Preferì specializzarsi in questioni ragionieristiche e per decenni fu uno stimato esperto contabile. Curò a lungo i bilanci di note società sassaresi, principalmente quello de “La Nuova Sardegna”, di cui tenne i registri sin dalle origini (il giornale fu ideato dal suo intimo amico Pietro Satta-Branca) ed altrettanto fece per la Banca Cooperativa fra Commercianti, di cui nel 1888 fu anche tra i soci fondatori, divenuta poi la celebre Banca di Sassari. Inoltre, insegnò matematica al liceo classico Azuni, percorrendo a piedi il groviglio di viuzze per raggiungere l’antica sede che allora si trovava in via Canopolo. La carriera parallela di Francesco nel mondo della scuola era iniziata intorno al 1890 - a circa trent'anni - e si consideri che oltre un secolo fa l'insegnamento era un impegno quasi volontaristico per amore della cultura. Nel tempo libero, Princivalle sedeva alla sera nel suo studio e scriveva libri di testo per le superiori che vennero pubblicati dall'editore Cesare Gallizzi che Francesco conosceva bene visto che parte del capitale della società fu proprio lui a mettercela di tasca.
Princivalle, che amava anche il sigaro, la musica e il disegno, sposò la raffinata Clelia Manconi, una riccioluta pianista provetta nata in una buona famiglia di Oristano ed i due avevano circa 50 anni quando si trasferirono nella nuova villa. Francesco e Clelia furono genitori intelligenti e prolifici ed avevano avuto ben dieci figli, destinati a brillanti carriere e laureatisi quasi tutti, comprese le femmine - Vincenza, Emilia e Maria - un risultato straordinario per tre sorelle sassaresi negli anni ‘20. Fu soprattutto mamma Clelia a volere fermamente che i suoi ragazzi capissero l'importanza dell'istruzione e portò in casa anche la passione per il pianoforte. Quando la villa fu terminata, diversi figli erano ormai adulti e non vivevano più coi genitori, tranne i più giovani. Purtroppo per la famiglia, la nuova costruzione fu anticipata da un grave fatto: Lando Princivalle, all'epoca studente al ginnasio, si ammalò e a nulla valsero gli sforzi ed il denaro spesi disperatamente da Francesco per farlo curare. Lo sfortunato si spense all'età di quattordici anni in un triste pomeriggio di metà maggio del 1916 tra le braccia di mamma Clelia nella loro precedente casa in via del Teatro Civico. Due suoi giovani fratelli non poterono neppure salutarlo, poiché impegnati al fronte durante la prima guerra mondiale.
La villa Princivalle aveva l’ingresso in viale Italia e su viale Mancini risultava molto più in alto rispetto alla strada. Si apriva su un’ampia terrazza ed era circondata da un rigoglioso giardino. Aveva due piani ed una torretta con due camere addizionali. Gli interni erano finemente decorati. Nel piano interrato era presente un sotterraneo scavato nella roccia poi usato come rifugio antiaereo, oltre al locale per la caldaia e la carbonaia. Date le capacità di Francesco ed il fatto che due suoi figli studiarono da ingegneri, è probabile che furono gli stessi Princivalle a progettarla. Incredibilmente, nel pozzo rischiò la vita Bruno, proprio uno dei figli ingegneri, che vi cadde rovinosamente; quando lo tirarono fuori aveva talmente tante fratture che restò per sempre claudicante. Dopo la morte di signor Francesco, avvenuta nel 1929, quando non aveva ancora 70 anni, nella villa continuò a vivere la vedova Clelia con le figlie nubili e il figlio minore che si sarebbe poi sposato nel 1935. Signora Clelia morì nel '43, a 77 anni, quando ormai il primo piano e la torretta erano abitate dalla figlia Maria con la sua famiglia. Ultime a risiedervi con regolarità rimasero Vincenza ed Emilia (che mai si sposarono), ma alla fine anche loro si trasferirono, acquistando due pratici appartamenti in via Amendola; nell'enorme villa calò così per sempre il silenzio.
La proprietà rimase frazionata tra i tanti discendenti Princivalle (con i figli dei figli ormai residenti in altre parti della Sardegna e d'Italia) e dopo qualche anno di parziale abbandono si stabilì a malincuore di vendere l'immobile all’impresa Montresori che la abbatté per erigervi la sede della Banca Popolare di Sassari, curiosamente proprio la banca che Francesco contribuì a fondare un secolo prima. Era il 1987 e fu la speculazione edilizia più discussa della storia moderna della città. Forse si trattò persino di un'amara mossa a sorpresa, poiché l'impresa assicurò che invece sarebbe stata solo ristrutturata. A decine tra professori, studiosi, ingegneri e architetti firmarono per tentare di fermare la demolizione, ma la petizione e gli appelli a niente valsero e le ruspe procedettero.
A noi, oggi, rimane il nostalgico ricordo di quella villa d'una Sassari in bianco e nero, quello non potrà mai sparire, così come l'affascinante storia dell'illustre famiglia che la abitò e che ho avuto l'onore di potervi raccontare.
Francesco Princivalle in persona, in famiglia Franzischinu (Franceschino). Capofamiglia e colui che fece costruire la villa che portò il suo nome. Il dipinto, oggi conservato dai discendenti, è databile tra il 1920-1925. (foto cortesemente concessa in esclusiva dalla famiglia Princivalle)