Ricerca, testo e foto di MARCO ATZENI (con la collaborazione di Marco Rau e contributi di Alessandro Sirigu e Maria Antonietta Fresi)
Nel febbraio del 1937, in una casa bassa con giardino, all'incrocio tra viale Mameli e via Alagon, morì all'età di 75 anni il cavalier Francesco Pons che ci abitava dopo essersi trasferito da Alghero. Cavalier Pons aveva designato come eredi i due cognati, Onorio e Chiarina Figus, che erano il fratello e la sorella della defunta moglie Adele e coi quali aveva un ottimo rapporto. Il Pons, pensionato e vedovo, non aveva alcun figlio. Onorio Figus - l'erede - il cui vero nome era Onorino, lavorava a Sassari da tempo, arrivato dalla natìa Simaxis. Era tra i dirigenti del tribunale e caso volle che a fine anni '30 proprio la nuova sede giudiziaria stesse per essere inaugurata in via Roma. L'opportunità di trasferirsi a Cappuccini nella proprietà ereditata gli sembrò una coincidenza perfetta. Con l'assenso della sorella-coerede Chiarina, signor Onorio prese una decisione drastica: fece demolire la casa esistente (o la modificò radicalmente) ed edificò un'imponente villa. La progettò l'architetto Angelo Misuraca, che non lesinò in maestosità.
Dopo un paio d'anni di lavori, la nuova abitazione fu terminata e ci fu un altro colpo di scena. Onorio, infatti, la mattina del primo settembre 1940, andò in via Usai dal notaio Chiappe, in compagnia dell'amico Lucrezio Rau, al quale vendette la villa nuova di zecca per la cifra di 115 mila lire. In accordo tra le parti, non vi era nessun testimone all'atto della compravendita. I maligni sostennero che Onorio avesse speso troppo per la costruzione della dimora e che nulla gli rimase per mantenerla. Altri pensarono che si fosse accorto che quell'enormità non gli servisse, visto che non aveva figli, non era sposato ed era prossimo alla vecchiaia, ma bisogna anche considerare che il Figus era stato appena trasferito al lontano tribunale di Lanusei, ed avrebbe lasciato la villa disabitata per lunghi periodi, dunque è possibile che tra lui e Rau ci fosse persino un accordo fin dall'inizio.
Dopo aver acquistato l'immobile, Rau andò a viverci con la moglie, che si chiamava Concetta Piredda, ed i loro figli, Mimì e Rino, che avevano undici e cinque anni. La coppia, come d'uso, aveva alcuni anni di differenza: dodici. Lucrezio, nato nel 1896, era arrivato in città dalla sperduta Berchidda con una valigia piena di voglia di
fare, mentre Concetta era nata a Thiesi nel 1908, ma venne cresciuta a Sassari dalla famiglia Pietri. Ancora ragazzo, Lucrezio aveva rilevato negli anni '20 l’indebitato bar dei Marongiu
in piazza Tola ed insieme al fratello Giovanni lo aveva tramutato in una miniera d’oro. Gli intraprendenti berchiddesi aprirono
poi un altro bar al Corso ed uno esclusivo anche in Piazza d’Italia, sotto i portici. Inoltre, vennero create anche una pasticceria ed una distilleria per approvvigionarli. Tutti, infatti, associavano il nome Rau al “Villacidro”, un liquore a base di zafferano che, oltre alla sambuca e all’anisetta, veniva servito dai camerieri in giacca bianca e papillon. Si diceva ironicamente che erano dovuti arrivare i Rau da Berchidda per far bere ai sassaresi le gazzose e farli giocare a biliardo.
Lucrezio aveva gli affari nel sangue, mise in atto strategie di marketing anni prima che si chiamassero così ed una volta, mentre al porto caricavano sulla nave la sua autovettura con la gru, come si faceva all'epoca per imbarcarsi, concluse al volo l'acquisto di un macchinario per la torrefazione che aveva visto lì al molo. Leggenda narra che nacque (anche) così la Mokador, che venne poi gestita da altri due fratelli Rau: Sebastiano e Nenna. Per trent'anni, Lucrezio percorse a piedi la strada dalla villa alle sue attività, ma rientrando puntuale a casa per pranzo, era infatti uomo di famiglia e di buon cuore. Condivise il suo successo, e poiché si occupava di tutti come un padre, era chiamato affettuosamente "su Babbu". Vi fu purtroppo anche un grande dolore per lui e la moglie: nell'estate del '49, il maggiore dei due figli, Mimì, si ammalò e morì ventenne; la foto del giovane è appesa in casa da 70 anni, per non scordarlo mai. Lucrezio, invece, si spense nel suo letto una mattina di maggio del '75, dopo aver anticipato a Concetta di non sentirsi bene. Aveva 79 anni e, pur essendo il più grande, era l'unico dei fratelli maschi ad essere ancora vivo. Signora Concetta, vedova, rimase in casa a coccolare i nipoti sino al 1996.
Se qualcuno si stesse chiedendo che fine avesse fatto Onorino Figus, è curioso sapere che i Rau, dopo aver da lui comprato l'immobile, lo ospitarono in un piano della villa per più di dieci anni, forse come affittuario. Anzi, tale era la confidenza, che le bollette continuarono ad arrivare a nome di Onorino, sebbene l'immobile non fosse più suo. Lui morì a metà degli anni '50 e fino ad allora lo si vedeva pensionato passeggiare d'estate in viale Mameli, proprio sotto la villa, completamente vestito di bianco, compresi il cappello e le scarpe, ma non diede mai molte spiegazioni sulla rocambolesca storia della casa. Oggi l'immobile è ancora della famiglia Rau, i bar, invece, non esistono più, ma ci sono i dolci ed i liquori, che si producono ancora dal lontano 1926, anno in cui Lucrezio, appena trentenne, aveva fondato col fratello la mitica "Ditta Fratelli Rau", oggi parte della storia della città.
Lucrezio Rau e Concetta Piredda quando avevano circa 60 anni. Trasferitisi nella villa di Cappuccini nel '40, dopo averla acquistata ancora giovani dal Figus, vi rimasero per tutta la vita con i discendenti.
Lo sfortunato Mimì Rau, destinato a subentrare nell'azienda col fratello Rino, si spense a vent'anni nell'estate '49. Il bello scatto lo ritrae qualche mese prima, ignaro della sorte, in una vacanza di famiglia a Loch Ness. Alla morte di Lucrezio, Rino Rau ereditò il piccolo impero, che condusse egregiamente, ma senza il supporto di nessuno, essendo rimasto figlio unico. La forza familiare si è ripresentata con i 4 figli di Rino, nipoti di nonno Lucrezio, che oggi gestiscono l'azienda e ricordano con affetto anche "zio Mimì", di cui uno di loro porta il nome. (foto gentilmente concessa in esclusiva dalla famiglia Rau)
Giovanni Rau fu come un "gemello minore" per Lucrezio, visto che li separava solo un anno d'età. Affiancò fedelmente il carismatico fratello sin da quando erano ragazzi ed infatti il nome originario della ditta era "L. & G. Fratelli RAU", dalle iniziali dei nomi. Non si sposò e visse anch'egli nella villa, che parzialmente era anche sua, perché il giorno dell'acquisto, dal notaio Chiappe, c'era anche lui. Morì a 62 anni nel 1959.
Il primo bar aperto dai fratelli Rau si trovava in piazza Tola. I locali erano di proprietà del Comune e la ditta pagò per anni il canone d'affitto. Nella foto: uno dei vari rinnovi contrattuali, quello per il triennio 1934-'37, costo annuo 3060 lire. All'epoca c'era il governo fascista ed il podestà, che firmò, era Gavino Sussarello. (fonte: ARCH. ST. COM. SS)
Signor Lucrezio, in quanto imprenditore assai noto a Sassari, non sfuggì alla matita del mitico Paolo Galleri, che lo ritrasse con i capelli rigorosamente impomatati all'indietro ed in mano il simbolo del suo successo: una bottiglia di liquore "Villacidro". Appuntati sul bavero della giacca, i riconoscimenti.
*** Questa ricerca storica ha richiesto molto impegno e tempo. Per scopi divulgativi si può riprodurne in parte il testo, citando obbligatoriamente me ed il mio blog come fonte (anche qualora ne cambiassi le parole utilizzandone però le informazioni). Per scopi commerciali (libri, pubblicazioni etc.) è necessario chiedermi preventivamente il permesso a sassariantica@gmail.com - Grazie per la lettura. ***