domenica 15 gennaio 2023

LA MERAVIGLIOSA VILLA FARRIS A SASSARI. LA SUA STORIA DI ENIGMI E CURIOSITÀ.

 Ricerca storica e testo di MARCO ATZENI
(fonti documentali: Biblioteca Universitaria SS, Conservatoria Registri Immobiliari SS, Archivio Storico Comune SS, Stato Civile SS e Usini, Camera Commercio SS, quotidiani "La Nuova Sardegna" e "L'Isola").


All'apice di viale Trieste, a pochi passi dal piazzale dei Cappuccini, svetta un'elegante villa liberty. Fu fatta erigere a partire dal 1910 dal facoltoso mercante Giosuè Farris, la cui storia iniziò a Usini, un paio d'ore di trotto da Sassari, dove nacque nel dicembre del 1869 nel rione di Sa Rughe. Fu un'infanzia non semplice, per Giosuè, che aveva scoperto il dolore già nel 1880 quando undicenne perse la mamma Maria Zoseppa, che l'aveva cresciuto con amore. Suo babbo Giovanni portò poi all'altare una seconda donna e fece altri figli. Fu proprio osservando le scelte paterne che Farris intuì che il denaro germogliava sull'albero del commercio. Babbo Zuanne, infatti, dopo aver negoziato cavalli con discreto profitto, aveva anche aperto una merceria in paese e consentito alla famiglia una vita dignitosa rispetto agli standard dell'epoca. Giosuè aveva ricevuto l'educazione scolastica di base, leggeva e scriveva perfettamente, e intuito però che Usini era troppo piccolo, prese la diligenza per la "grande" Sassari e si mise in proprio. Pochi anni dopo, ai primi del '900 e non ancora quarantenne, ne era già uno dei negozianti di successo e le persone si mettevano in fila per acquistare cappelli, bastoni, giocattoli o camicie nella sua fornita "Chincaglieria Farris" che aveva aperto in corso Vittorio Emanuele. Intanto, nel 1905, aveva anche sposato la figlia di un vetturino, la signorina sassarese Maria Porcella, che aveva diciassette anni meno di lui, e dal matrimonio arrivarono Lina e Manlio.

Fu con queste premesse che, quando si lottizzarono le campagne di Cappuccini, a Farris l'occasione parve perfetta: una villa sul colle alle porte della città avrebbe rappresentato il nido per la sua benestante famigliola, destinata ad allargarsi. Giosuè domandò la concessione di due terreni edificabili attigui per un totale di 1974 mq al costo di 2961 lire e affidò all'ingegner Raffaello Oggiano la progettazione della casa, mentre i lavori furono commissionati all'impresa di Gianuario FundoniNel gennaio 1911, quando l'operazione immobiliare era in fermento, arrivò però il ferale gelo: la giovane Maria, focolare di casa Farris, morì appena ventitreenne dopo breve malattia, lasciando Giosuè vedovo e Lina e Manlio senza mamma. L'idea della villa perse bruscamente senso, eppure Farris andò avanti, intestando per migliore auspicio la proprietà del suolo proprio ai due orfanelli, che avevano quattro e due anni.

Il Comune, però, non accettava che in un terreno tanto ampio Giosuè costruisse una sola abitazione, creando disomogeneità con i vicini, che non godevano di un giardino grande quanto il suo. Ci volle una deliberazione che ammise che il vasto terreno era in tal pendenza da renderci impossibile l'edificazione di più d'una casa. Il dislivello, infatti, obbligò a un terrazzamento con una bianca scalinata che ancora oggi collega monte e valle del giardino. Al fatto che le cose fossero letteralmente partite "in salita", s'aggiunse che lo scrupoloso ingegner Oggiano rilevò esagerazioni nei costi edili e le riferì a Farris che, sbattendo i pugni sul tavolo, trascinò il costruttore Fundoni in tribunale. Fu necessario l'intervento di due ingegneri esterni per giudicare le cifre addebitate. Il Fundoni denunciò a sua volta sia Farris che Oggiano per diffamazione, ma senza successo. Alla fine, dopo tanto travaglio, signor Farris vantava una villa che lo rese celebre in città, con il suo portico, due piani fuori terra, mansarda, seminterrato e un'affascinante torretta dalla quale all'epoca, non essendo edificato il Monte Rosello, si godeva della vista sino all'Asinara. Il tutto immerso in oltre 1000mq di verde e con la protezione di una raffinata cancellata nella quale infilavano il naso i meno fortunati, che venivano ad ammirare la proprietà con la bocca spalancata.

Giosuè, in realtà, possedeva anche un intero palazzo storico al Corso, sopra il suo negozio, e gli era più agevole dormire lì che sul colle di campagna. Inoltre, i due figli vennero presto mandati lontano dalla Sardegna per studiare, mentre lui si risposò con Gioia ReifCosì, dopo averla poco abitata, negli anni '20 la villa fu data in affitto. Per giunta, il destino tornò a chieder conto e l'adorata Lina, che frequentava l'esclusivo collegio delle suore Marcelline di Genova, morì tra le braccia di papà Giosuè all'età di sedici anni nel 1923 e questo ennesimo tragico fatto lo spinse a consegnare le chiavi del negozio ai due volenterosi fratellastri di vent'anni più giovani di lui, Aurelio e Pietro, cui lasciò la gestione degli affari. I due portarono poi avanti l'attività per quasi mezzo secolo, sino agli anni '70, abitarono proprio in viale Caprera a pochi passi dalla villa, e conservarono la memoria di Giosuè, con cui ebbero un rapporto d'affetto straordinario. Proprio Giosuè, intanto, aveva fatto le valige e s'era trasferito a Torino con la seconda moglie e il figlio rimastogli e da lì continuò a curare altri suoi impegni. Nell'estate del '30scrisse un telegramma all'ingegner Oggiano, con cui era rimasto in buoni rapporti, dandogli l'incarico di trovare finalmente un acquirente per il suo "villino ai Cappuccini". Prezzo centotrentamila lire con caparra obbligatoria. Giosuè attendeva tra le villeggiature a Champorcher e i bagni termali a Montecatini, ma da Sassari, nonostante gli sforzi d'intermediazione di Oggiano, non arrivavano proposte d'acquisto. Ciò che Farris non poteva sapere è che non avrebbe mai firmato un contratto di vendita. All'alba del primo giugno 1931, infatti, sentì un macigno al cuore e si spense a sessantuno anni per angina pectoris sul letto torinese nella centrale via Giacosa.

Fu dunque il ventenne Manlio Farris, unico erede di tutto il patrimonio, a cedere la villa per cui il padre aveva penato e di cui la famiglia aveva poco goduto. Ciò accadde solo un paio di mesi dopo la morte di Giosuè. E Manlio dovette arrivare appositamente da Torino con la matrigna, con cui non ebbe un rapporto idilliaco, per recarsi nello studio del notaio Lay in via Cagliari, dove ad acquistare fu una vedova, donna Annangela Bichiri da Bonorva, che poi abitò la villa in solitudine per decenni, con l'unico aiuto di una domestica e un giardiniere. Dopo oltre un secolo, però, quell'immobile dalle forme aggraziate che veglia su Cappuccini rimane ancora per tutti "Villa Farris" e guardandolo con gli occhi della fantasia vedrete signor Giosuè che ci passeggia davanti con aria compiaciuta, se vorrete potreste ringraziarlo per averla fatta costruire, sebbene neppure lui, forse, ne abbia mai capito il motivo.

Una meravigliosa foto inedita di villa Farris in ultimazione. La foto fu scattata proprio dall'ingegner Oggiano dalle finestre del palazzo di fronte, in viale Mameli. La prima foto in alto fu invece scattata a lavori ultimati e ne venne fatta una cartolina (concessioni esclusive da Biblioteca Universitaria di Sassari, fondo R. Oggiano, cart. 038-1, riproduzione vietata)

Una veduta (da viale San Francesco) del cantiere quasi terminato. Si noti, oltre alla maestosità, il terrazzamento realizzato per addolcire il dislivello del terreno. L'angolo in primo piano a valle della proprietà è oggi occupato da un palazzone sorto sull'ampia fetta di giardino ceduta a un'impresa edile a fine anni '60 (foto dal web)

La facciata posteriore di villa Farris come si presentava a chi scendeva dal piazzale dei Cappuccini negli anni '20. Da decenni girano due dicerie: il presunto suicidio dell'originario proprietario e che fosse stata venduta per debiti di gioco contratti al Circolo Sassarese. Come esposto nella ricerca, lo svolgersi dei fatti nega tali leggende. (foto dal web)

Il prospetto frontale del progetto originale di villa Farris, predisposto nel 1910. All'epoca il talentuoso ingegner Oggiano aveva trent'anni ed era laureato da appena 5. Oggiano e Farris, uomini sensibili, rimasero in ottimi rapporti per vent'anni e alcune estati si incontrarono a Montecatini. (concessione esclusiva da Biblioteca Universitaria di Sassari, fondo R. Oggiano, cart. 038-1)

Il frontespizio dell'atto con cui il Comune di Sassari cedette a Giosué Farris i due lotti edificabili a Cappuccini. Farris firmò come rappresentante dei due figlioletti Lina e Manlio a cui intestò la proprietà del terreno (concessione Archivio Storico Comune di Sassari, contratti, b. 6, f. 427)

Nella piccola tomba di famiglia al cimitero monumentale di Sassari riposano: Lina, figlia di Giosuè, morta adolescente e la cui salma arrivò da Genova, Maria Porcella, prima moglieTeresa Maria Giuseppa, due sorellastre di Giosuè, infine il secondo figlio, Manlio, che visse di rendita e morì per ultimo negli anni '70. A mancare è misteriosamente proprio Giosuè Farris la cui salma risulta a Torino, ma non è registrata nel relativo cimitero monumentale . Le antiche statue sono (presumibilmente) di Usai, raffigurano Lina e Manlio da bambini.



In oltre un secolo, vi sono stati soltanto tre proprietari della villa, e Farris, con i suoi venti anni scarsi, è stato paradossalmente quello a tenerla meno. Nell'ottobre 2022, per la prima volta dall'edificazione, sono partiti i lavori di recupero di tetto e facciate, eseguiti dalla ditta GPM Restauri di Pietro Mele da Pozzomaggiore, specializzata in risanamenti artistici. Il lavoro è stato completato nella tarda primavera del 2023. (nelle foto il prima e dopo).






*** Questa ricerca storica ha richiesto due anni di lavoroPer scopi divulgativi si può riprodurne in parte il testo, citando obbligatoriamente me ed il mio blog come fonte (anche qualora ne cambiassi le parole utilizzandone però le informazioni). Per scopi commerciali (libri, pubblicazioni etc.) è necessario chiedermi preventivamente il permesso a sassariantica@gmail.com - Grazie per la lettura. ***