domenica 1 dicembre 2019

PALAZZO GIORDANO A SASSARI - LA SUA STORIA DI INTRIGHI E TRANELLI.

Foto, storia e ricerche di Marco Atzeni (con la collaborazione di Paolo Fadda)
Se siete in possesso di materiale o info aggiuntive, scrivetemi pure a sassariantica@gmail.com


Giuseppe Giordano Apostoli, sassarese di buona famiglia nato nel 1838, ebbe l’intuizione della vita quando nel 1871 convinse il ricchissimo Giovanni Antonio Sanna, proprietario della miniera di Montevecchio, a concedergli in sposa Enedina, una delle sue 4 figlie. Le altre sorelle Sanna erano Amelia, Ignazia e Zely.

Solo 2 anni dopo, a distanza di 15 giorni dalla nascita della loro figlia Maria, Enedina morì a 23 anni (con accuse al Giordano di averla lasciata morire di proposito), poi nel 1875 morirono proprio i ricchi suoceri Sanna. Il decesso improvviso di Enedina rimane ad oggi un mistero, l'ipotesi più probabile sarebbe quella di complicanze collegate al parto, in ogni caso, la famiglia Sanna non perdonò mai al Giordano l'apparente distacco con cui accolse la scomparsa della giovanissima moglie.

Rimase un patrimonio immenso da spartirsi. Gli eredi erano le 3 sorelle Sanna coi rispettivi mariti a cui si aggiunse Giuseppe Giordano Apostoli che in realtà non era erede diretto, ma vi rientrava poiché era tutore della figlioletta Maria che gli garantiva la partecipazione al banchetto. Tra le decine di proprietà mobiliari ed immobiliari, dall’asse ereditario emerse anche una zona edificabile nella nascente piazza d’Italia. Nel 1877 una parte spettò al Giordano che ci fece costruire sopra il palazzo più sfarzoso della città, spendendo una somma mostruosa. Non si possono avere riscontri certi, ma non pare esagerato concludere che si trattò del palazzo di privata proprietà più costoso della storia di Sassari, non di molto inferiore al costo che venne sostenuto per costruire il palazzo della Provincia, che si trova proprio sul lato opposto della piazza, ma che fu finanziato da fondi pubblici e le cui dimensioni sono assai superiori a quelle del palazzo Giordano.

L'ingegnere fu Giuseppe Pasquali, cui subentrò in seguito il Fasoli cui si deve l'invenzione di tutta la parte artistica. Per costruirlo, Giordano si allargò anche su un’ampia parte di terreno che in realtà non era spettata a lui, ma ad un’altra figlia di Sanna, Ignazia, che per questo e altri motivi, gli portò rancore per il resto della vita. Il segreto sta nel fatto che il marito di Ignazia, che si chiamava Giommaria Solinas Apostoli, era cugino di parte materna e complice dello stesso Giordano e fu lui a dare il benestare alla mossa da avvoltoio. Non si dimentichi che nell'800 qualsiasi operazione patrimoniale doveva avere il benestare del marito, a prescindere dal fatto che l'effettiva titolare di un bene fosse la moglie. I due avevano già architettato diversi sotterfugi nella gestione del patrimonio familiare. In particolare, il marito di Ignazia aveva usato del denaro distratto dalle casse di famiglia per costruirsi un palazzo regale lungo viale Principe Amedeo, a Rimini, e fu dunque lui a suggerire al cugino Giuseppe Giordano di fare lo stesso a Sassari, non a caso raccomandandogli anche le medesime maestranze per realizzarlo.

I lavori colossali terminarono nel 1883 e per la parte puramente edile le opere furono eseguite da una delle più grosse imprese di Sassari, quella del capomastro Serapio Lintas. Chi ne vedeva gli interni gotici rimaneva estasiato, ma in molti giudicarono un oltraggio tanto ostentare. I sassaresi, infatti, tenuta in considerazione l'estrema povertà ed arretratezza in cui si trovava buona parte della città nel tardo '800, non erano in grado di comprendere tale slancio artistico che poteva apparire paradossalmente fuori luogo, anche confrontandolo agli altri palazzi circostanti, pur signorili, ma assai meno sfarzosi. Certo, il palazzo non avrebbe sfigurato nei ricchi viali di Roma cui Giordano era più abituato.

Il Giordano, avvocato che scelse la carriera diplomatica, si laureò in legge a Sassari, era attratto dall’esoterismo e affiliato alla loggia massonica di cui disseminò la simbologia all'interno del palazzo, sfruttò pienamente il suo potere e fu deputato per 30 anni, facendo politica a Roma ad alti livelli. Dal 1880 al 1910 fu sempre eletto per ogni legislatura, alternando i seggi di Alghero e Sassari come suoi depositi di voti. All'archivio della Camera sono conservati diversi suoi interventi, spesso tendenti a promuovere un qualche sviluppo per la Sardegna. Interessanti i dibattiti parlamentari a riguardo della costruzione della tratta ferroviaria tra Olbia (che all'epoca si chiamava Terranova) e Golfo Aranci. Opera che fu approvata ed è infatti datata 1883.
Portò avanti le istanze di zone della Sardegna che all'epoca erano ancora malariche e che necessitavano di bonifiche urgenti, così come, curiosamente, si spese nel ricordare che a Perfugas non c'era la stazione dei carabinieri o che a Benetutti sarebbe stata buona cosa creare delle terme. Terme che oggi esistono.
Nel 1910, invece, tornava a lamentare i collegamenti deficitari tra l'isola e il continente e fu promotore insieme ai colleghi Abozzi e Pala della necessità di avere una tratta tra Porto Torres e Genova a frequenza settimanale e non quindicinale.

Nel 1921, ormai molto anziano, dopo aver alienato i preziosi arredi Clemente di cui il palazzo era ricco, Giuseppe Giordano diede disposizione di vendere il suo gioiello al Banco di Napoli, avendoci abitato principalmente nei primi anni per poi usarlo sempre meno con l'aumentare degli impegni politici oltremare. Nel 1926 morì quasi novantenne a Roma, dove appunto visse buona parte della sua dorata vita. Dal momento della vendita, il maestoso immobile è sempre rimasto sede della banca, sebbene essa abbia cambiato nome un paio di volte.

Se qualcuno si stesse chiedendo che fine fece la piccola Marietta Giordano, rimasta orfana della mamma poco più che neonata, sappiamo che essa sposò un nobile a Roma quando aveva 21 anni, Giovanni Cavalletti. Compare all'archivio del Rifugio Gesù Bambino di Sassari intorno al 1910, dove leggiamo che una tal "marchesa Maria Cavalletti" faceva parte del comitato direttivo. Non abbiamo certezza fosse lei, ma è ben probabile. In tal caso abbiamo conferma che non perse i contatti con la città, forse abitandovi in modo sporadico e che, evidentemente, abbia forse risieduto nel palazzo costruito dal padre.

Oggi, verso i 150 anni dalla sua costruzione, possiamo trarre delle conclusioni sulle vicende legate al palazzo di piazza d'Italia, giudicando non benissimo le volontà moralmente poco lodevoli che nasconde, ma dobbiamo comunque riconoscere che la brama di potere e la voglia di ostentazione del barone Giordano abbiano però lasciato alla nostra città uno dei pochi tesori architettonici di cui dispone.


Il Barone Giuseppe Giordano Apostoli in tutta la sua classe e austerità. La foto è presente negli archivi storici del Parlamento italiano.

La tristemente meravigliosa tomba della sfortunata Enedina Sanna, maritata Giordano. La figlia del ricchissimo Giovanni Antonio Sanna, che riposa al cimitero del Verano in Roma, morì improvvisamente ad appena 23 anni, pochi giorni dopo aver partorito la sua prima figlia, Maria Giordano Sanna. Quest'ultima, erede diretta della discendenza Sanna, garantì al padre Giordano Apostoli il beneficiare di immense ricchezze. Nella statua, la figlia Maria fu ritratta più grande rispetto alla vera età al momento del lutto.


Ecco la sala principale del palazzo, la foto fu scattata pochi anni dopo l'acquisto da parte del Banco di Napoli che, per esigenze d'ufficio, modificò alcune zone dell'immobile. I vani più prestigiosi furono però mantenuti pressoché intatti. Si percepisce l'incredibile sfarzo dei saloni e l'atmosfera quasi surreale che vi si respirava.

Da questo semplice schemino si comprendono i rapporti di parentela di Giordano Apostoli.  Antonia e Maria (a destra) erano due delle varie sorelle. Enedina Sanna fu la moglie, sposata a Firenze nel 1871 e Donna Maria (sotto) fu, come detto, la figlia. (AraldicaSardegna)


Questo è il palazzo che il cugino e cognato di Giordano Apostoli, tal Giommaria Solinas Apostoli, marito di Ignazia Sanna, fece costruire a Rimini utilizzando, ovviamente, i soldi del suocero. Anche ad un occhio non esperto risulta evidente lo stile architettonico che verrà ripreso in toto da Giuseppe Giordano nella costruzione del suo palazzo in Piazza d'Italia, le maestranze furono infatti le medesime. Pare naturale pensare che i due cugini si fossero scambiati un favore: uno chiudeva gli occhi sulla costruzione del palazzo dell'altro. (foto scattata in loco da un amico)


La meravigliosa scala che conduce al secondo piano del palazzo e le volte decorate. (foto A. Piga)



*** Questa ricerca storica ha richiesto impegno e tempo. Per scopi divulgativi si può riprodurne in parte il testo, citando obbligatoriamente me ed il mio blog come fonte (anche qualora ne cambiassi le parole utilizzandone però le informazioni). Per scopi commerciali (libri, pubblicazioni etc.) è necessario chiedermi preventivamente anche il permesso. Grazie per la lettura. ***