Ricerca e testo di: Marco Atzeni (fonti: Archivio Storico Comune SS, Conservatoria dei Registri Immobiliari SS, quotidiani "La Nuova Sardegna" e "L'Isola" . Un ringraziamento particolare alla signora Laura Piras in Crovetti e a sua figlia Angela).
Tre giorni dopo il Natale 1915, i nobili fratelli Diego ed Efisio Cugia di Sant’Orsola, che vivevano a Roma ed erano a Sassari per le feste in famiglia, si recarono per una vendita dal notaio Maniga. Qualcuno aveva intuito che i poderi che i due possedevano sul colle dei Cappuccini erano ideali per l’allargamento della città. Quel qualcuno si chiamava Teofilo Crovetti che per 1500 lire comprò da loro un terreno edificabile all'apice della deserta viale Caprera. Signor Teofilo, nell'arco d'un paio d'anni e su progetto del geometra Calvia, fece così erigere un affascinante villino gotico dai toni rosati, originale proprio come il suo nome di battesimo, che a Sassari nessun altro aveva. La zona residenziale era però ancora un abbozzo e il cinquantenne Crovetti si dovette impegnare non poco. Per prima cosa, non esistendo abitazioni limitrofe, s'era dovuto fare carico della posa delle condutture di acqua e scarichi, che dovette allacciare dalla casa Bozzo, che era ben 300 metri più a valle. Sedette poi allo scrittoio per proporre miglioramenti urbanistici e dopo uno sfiancante carteggio con l'Amministrazione, si arrivò nei primi anni '20 a ridefinire l'intero isolato attorno al villino. Infatti, si aprirono da zero via Alagon e la retrostante via Principessa Iolanda che non sarebbe nata, se non fosse stato per un'intuizione di Crovetti che rilevò una fetta di terreno comunale contornante la sua proprietà, rendendone così lineari i confini e dando il via all'ordinata lottizzazione anche del Fosso della Noce.
Il vulcanico signor Teofilo, orfano di mamma sin da piccolo, era nato nel 1866 a Pievepelago, in provincia di Modena, e agli albori del '900 era approdato casualmente a Sassari per lavoro. Se infatti discorreva con scioltezza di vie da aprirsi o nuovi quartieri era perché possedeva un'impresa edile specializzata in costruzioni civili, stradali e idrauliche. Un appaltatore, come si chiamavano all'epoca, la cui scaltrezza gli aveva procurato un'agiatezza invidiabile, mentre la cordialità gli accattivava il rispetto dei conoscenti, che incrociandolo gli dicevano "Salve, dottore!". Nel 1919 Teofilo scommesse pure sulla corsa all'oro, ottenendo un permesso di ricerca nella zona di Niu Espis, vicino Santadi, ma capì presto che in Sardegna oro non ce n'è, e liquidò la società mineraria che aveva costituito di proposito. Crovetti era sposato con la raffinata signora Lucia Galassini e con lei ebbe due figli, Nunzia e Giacomo, nati anche loro a Pievepelago nel 1893 e nel 1897. Prima della decisione di rimanere in città e dell'edificazione del villino di Cappuccini, i Crovetti abitarono in affitto in via Cavour. Teofilo, tra l'altro, era arrivato nell'isola con un amico fraterno, il signor Augusto Dori, col quale condivideva sia l'accento emiliano che il baffo curato, e che aveva anch'egli un'impresa edile. Non a caso, l'unica figlia di Augusto, Angela Dori, andrà in sposa a Giacomo, il figlio di Teofilo. I due giovani innamorati, del resto, si conoscevano fin da quando lei, persa la madre, veniva ospitata a casa Crovetti. La sorella di Giacomo, Nunzia, convolò invece a nozze con l'avvocato Riccardo Marrosu che divenne il legale di fiducia della famiglia.
Devoto ai cari, alla nascita dei primi nipotini, affinché rimanessero uniti anche da adulti, Teofilo costruì lungo il viale Caprera altre due grandi case, di fianco al villino principale. Quelle ulteriori abitazioni furono terminate a metà anni '20 e elevarono il valore del suo patrimonio immobiliare a 300mila lire, i sassaresi scherzavano dicendo che l'apice di viale Caprera, con quelle tre case in fila, lo si poteva ormai chiamare "viale Crovetti". Purtroppo, nel caldo giugno 1928, il cuore di nonno Teofilo si fermò però improvvisamente. Morì pieno d'idee poco più che sessantenne. Fu una nefasta sorpresa e la città accorse in massa ai funerali, col cappello al petto presenziarono anche i suoi manovali, che commossi non gli fecero mancare la gratitudine. Essendo Teofilo il primo a spegnersi lontano dalla natìa Pievepelago, Giacomo e Nunzia si recarono in Comune per acquisire un'area cimiteriale sulla quale erigere una cappella di famiglia. Il costo della concessione perpetua di 12 metri quadri fu di 7400 lire. Nel 1931 nacque così al monumentale di Sassari la storica cappelletta in trachite dei Crovetti. Tra l'altro, poiché la concessione era esclusivamente per gli appartenenti diretti della famiglia, si dovette concordare in anticipo che potesse poi esservi sepolto anche Augusto Dori, il già citato suocero di Giacomo.
Giacomo Crovetti, che si era appositamente laureato in ingegneria civile a Roma nel 1921, ereditò l'azienda paterna, traghettandola con ulteriore successo per decenni, e il cognome Crovetti continuò così a rimanere conosciuto e rispettato nel settore edilizio, ma non solo. Giacomo, a differenza di Teofilo, si impegnò infatti anche in politica, ricoprendo la carica di podestà (sindaco d'epoca fascista) dal 1939 al 1943 e fu lui a firmare gli "oscuramenti" per evitare che la città restasse illuminata in periodo di bombardamenti notturni. L'ingegner Giacomo, doppiopetto gessato e occhi cerulei, ereditò da Teofilo anche l'esclusivo villino di Cappuccini, in cui al piano terreno mantenne lo studio creato dal padre, a tutt'oggi intatto. Alle pareti, oltre ai ritratti dei genitori, Giacomo appese alcuni suoi dipinti, in quanto pittore provetto. Con lui e la moglie Angela, donna dai lineamenti morbidi ma dal polso fermo e che nel dopoguerra scrisse racconti brevi per il Corrierino della Domenica, crebbero in viale Caprera anche i loro figli. Proprio durante la guerra Giacomo progettò un rifugio antiaereo sotto il villino all'interno del quale i Crovetti ospitavano i vicini al suono delle sirene. Fu sempre lui, tra le tre case già costruite in fila dal padre, a farne terminare anche una quarta e inoltre a far poi erigere i palazzi moderni che si affacciano su via Principessa Iolanda, dietro il villino. Così facendo, completò l'edificazione di tutto il lotto originario, acquistato da Teofilo quando lui era ancora ragazzo. Proprio nel villino, Giacomo Crovetti morì serenamente ormai ottuagenario, nel 1980, e, come per Teofilo cinquant'anni prima, fu grande la partecipazione per la scomparsa di uno degli ultimi protagonisti della Sassari sviluppatasi nella bella époque d'inizio secolo.
Sebbene pochissimi ne portino l’originario cognome, dopo Teofilo e Giacomo i discendenti Crovetti sono arrivati alla sesta generazione e l’affascinante villino rosa, ancora abitato dalla famiglia e perfettamente conservato, è ormai inglobato nel moderno tessuto urbano. Sono lontani gli anni in cui l'immobile svettava solitario come una fortezza, ma il signor Teofilo da Pievepelago, anche dal cielo, continua a sorridere compiaciuto, perché lui aveva visualizzato tutto, prima di tutti, oltre un secolo fa.
I componenti storici della famiglia Crovetti riposano nella cappella privata al cimitero monumentale di Sassari, costruita nei primi anni '30 con i materiali e la linearità razionalista del ventennio fascista. Al suo interno ci sono il capostipite Teofilo Crovetti, primo a esservi sepolto, sua moglie Lucia Galassini, i loro figli Giacomo e Nunzia e, a loro volta, alcuni dei loro figli (e nipoti di Teofilo). Angela Dori, moglie di Giacomo, è sepolta a Pievepelago, mentre suo padre Augusto è invece nella cappella di Sassari.